Dopo il crollo
del viadotto in Liguria, a onor del vero causato da una frana, si è riaccesa la
polemica intorno alla gestione delle autostrade di Atlantia, controllata
Benetton.
Come per Alitalia
e l’ILVA però il problema vero è politico prima che proprietario.
È stato sbagliato
concedere le concessioni della rete autostradale per pochi spiccioli e per così
lungo tempo.
È stato sbagliato
allargare le maglie dei controlli rendendoli, di fatto, quasi non obbligatori.
E il tutto in cambio di finanziamenti ai vari partiti, anche alla urlante Lega
che infatti ha goduto di 150mila euro nel 2006, per esempio.
Suona anche molto
strano che le concessioni di Autostrade siano coperte addirittura da segreto di
stato.
Insomma, c’è
molto che la politica tutta dovrebbe chiarire prima ancora di puntare il dito
su Atlantia, anche se che certamente ha grosse colpe.
Ma è il modus
operandi decennale che impatta su tutti i nodi industriali italiani.
Alitalia sarebbe
stata da privatizzare anni fa, invece si è preferito e si preferisce ancora,
continuare a salvarla o farla sopravvivere con aiuti di stato.
L’ILVA si sarebbe
potuta gestire statalmente o, se non altro, con rigidissimi vincoli ambientali
e sanitari, invece sono anni, per esempio, che si regalano scudi penali e non,
come vogliono farci credere, solo ora con Mittal. Acciaierie come l’ILVA ne è
pieno il mondo, ma solo da noi si riscontrano problemi di tale portata.
Come ovvio i
privati fanno i loro interessi, talvolta senza scrupoli, ma è lo stato che deve
arginare, legiferare, controllare che tutto sia fatto a regola d’arte e con
profitto per i cittadini stessi oltrechè per le aziende.
Invece, quando lo
scandalo o la tragedia è ormai inevitabile, ci si rifugia sempre nel teatrino
dello scaricabarile, dell’addossare colpe a terzi e a minacciare durissime
ripercussioni per i Mittal o i Benetton di turno.
Salvo poi fare i
Benetton commissari per le infrastrutture delle Olimpiadi Invernali di Milano e
Cortina del 2026.
E noi abbiamo sempre la spiacevole sensazione di averla presa in culo un’altra volta.
A.G.