Vi ricordate il frenetico susseguirsi degli eventi in Bolivia dopo le elezioni del 20 ottobre? Accuse di brogli, forze armate in rivolta, il Presidente Morales costretto alla fuga fino all’asilo politico in Messico. Il grande ‘peccato’ di Evo Morales fu forzare la legge costituzionale per superare il limite di due mandati, prima con un referendum del 2016 perso per l’1,3% dei voti, poi ottenendo il via libera dal Tribunale costituzionale alla sua quarta candidatura. Al centro delle accuse al Presidente c’era l’OSA, Organizzazione degli Stati Americani, i cui osservatori hanno denunciato frodi elettorali ancora prima che le urne fossero chiuse, utilizzando il sistema cosiddetto del ‘rapido conteggio dei voti’ che non ha alcun effettivo valore legale. Due rapporti indipendenti stilati da alcuni dei più importanti ricercatori statistici del mondo smentiscono categoricamente che la votazione sia stata falsata da pratiche fraudolente. Walter Mebane, massimo esperto dell’Università del Michigan, segnala come siano state individuate frodi solo in 274 seggi su 34551, e che in ogni caso il vantaggio del 10% sul candidato rivale per poter essere eletto senza andare al ballottaggio è stato ampiamente superato da Morales. Anche il CEPR,che riunisce esperti di varie università europee, conferma la validità dei risultati elettorali. Ma ad ogni modo il politico che ha governato il paese più povero di tutto l’area e lo lascia oggi con l’economia più dinamica della regione e un crollo verticale della povertà, specialmente tra la popolazione indigena, è esiliato mentre il potere legittimo viene avocato da una rappresentante del partito di opposizione, Jeanine Añez, che però non può ottenerlo legittimamente in quanto senza la presenza del MAS in Parlamento manca il numero legale. Le case dei parlamentari vicini a Morales sono state attaccate e incendiate,e le forze armate presidiano le zone rurali dove è più forte il sostegno popolare a Morales. Insomma, cosa fatta capo ha, e pare che non saranno i rapporti scientifici sulla regolarità delle elezioni a cambiare le cose. L’utilizzo massiccio e indiscriminato di fake news ha portato alla fine dell’esperimento socialista boliviano, di grande successo nella lotta alla povertà, e all’esclusione forzata dal potere del principale partito del paese. Lo stesso schema tentato in Venezuela contro Maduro, con il presidente del Parlamento che si dichiara Presidente legittimo del Paese in base a opinioni, per quanto ci è dato sapere,e soprattutto sostegno statunitense . La stessa tecnica,su scala minore, viene tentata ogni giorno anche in Italia, dove la diffusione di fake news tenta di essere la base per chiedere che l’ordinamento costituzionale venga rovesciato in nome del popolo sovrano, perché qualcuno abbia i ‘pieni poteri’ per cambiare le cose. Il fatto che l’Italia sia l’unico paese UE dove questo rischio viene percepito come tangibile la dice lunga sul livello culturale di chi la abita. Occorre ricordare il commento che il direttore del NYT fece e a un suo reporter nel 2001, sconvolto testimone delle violenze del G8 di Genova: “non hai ancora capito che l’Italia è il paese più avanzato del terzo mondo?”.
P.C.