Le Sardine sono un fenomeno rincuorante, oltre che interessante.
Rinfrancano nel dare ottima e concreta dimostrazione di come esistano ancora ampie fasce della società italiana che non si riconoscono nei modelli e nei (dis)valori della politica sovranista.
Persone, tante, che si oppongono con la forza democratica del libero dissenso, quello della legittima richiesta di un’alternativa che non sia basata sui “contro”, ma sui “pro”. Sembra una filastrocca, ma qui si gioca tutta la partita, al momento.
E i leader destrorsi sembrano averlo intuito, lo si evince da un significativo calo della loro presenza social e mediatica.
Salvini, dopo il capitombolo sulla Nutella, si è assentato dalla scena nazionale già da qualche giorno, cosa inusuale guardando agli ultimi anni, per riservarsi solo piccole comparsate a livello locale (figurati se quello ne approfitta per andare in parlamento a lavorare); sembra che la sua sovraesposizione mediatica, quasi morbosa a dire il vero, stia venendo a noia, come attesterebbero gli ultimi sondaggi che lo vedono sotto il 30%, da un quasi 40% di poco tempo fa.
Giorgetta Meloni nostra, invece, ha cominciato già da prima, probabilmente spaventata dalla parabola discendente dell’alleato verdognolo, non vuole fare la sua stessa fine, nonostante il gradimento in crescita.
Casa Pound e tutto il resto della galassia di estrema destra non pervenuti, dopo che hanno stracciato le balle sul nulla per mesi.
A questo si somma la meravigliosa marea delle Sardine che, piaccia o no, è un movimento spontaneo animato soprattutto da giovani che desiderano alternative contemporanee, al passo con i tempi, non vecchi travestiti da giovanotti, che sbandierano slogan e valori vecchi di cent’anni, sia a destra che a sinistra.
Dalle ultime elezioni ad oggi ci siamo sentiti persi in tanti, giustamente preoccupati dall’alba sovranista che adombra l’Europa come l’Italia, ci siamo indignati, abbiamo subito dileggi, abbiamo solidarizzato con le vittime dirette della violenza neofascista-neopopulista, virtuale e reale, ma non ci siamo mai uniti. Ora questi ragazzi ci mostrano la via, la forza della collettività, la coscienza di un’identità antifascista e contro l’ignoranza, il valore della coesione, in contrasto con la retorica del trovare sempre un nemico su cui campare politicamente con pochi sforzi.
Ragazze e ragazzi freschi e speranzosi, convinti, perché non ancora contagiati dal disincanto civile, che fa tanto figo e tanto “la so lunga, io, capisco le cose meglio e prima di voi, son tutte cazzate”, ma poi ti rintana a imprecare da dietro lo schermo del cellulare e mai che si alzi il culo per scendere in piazza a dar voce vera alle proprie posizioni.
Impariamo a leggere la giusta metafora in queste fredde giornate soleggiate di dicembre, dove il freddo sta alle difficoltà di un paese allo stremo, come il sol invictus sta alle nuove generazioni, che non ci stanno a morire dell’apatia che avvolge l’Italia.
Questi ragazzi ci danno quello che hanno, la loro incosciente speranza.
Noi diamogli il nostro supporto consapevole, se lo meritano, è il loro momento ed è più cazzuto del nostro.
D.M.