L’odio chiama odio

Come sempre accade, ad azione (ignobile) c’è reazione.

E gli strascichi terribili che questa reazione comporta.

Qui abbiamo tre protagonisti.

Una signora a cui è morto un figlio, pare, per droga. Piena di rancore, sofferenza e odio.

Probabilmente anche senza scudi mentali e culturali per affrontare una situazione del genere.

Forse, quindi, crede ciecamente nella propaganda di regime, crede a chi dice che sono i marocchini che spacciano, i negri che rubano, gli immigrati che stuprano..

E canalizza l’odio su di loro. E nella sua impotenza, nella sua debolezza trova il momento chiave della sua vita, i 5 minuti di Warhol, in un ipoglicemico invasato manipolatore che le promette una giustizia sommaria, popolare e casuale.

Il secondo protagonista è una famiglia.

Lui tunisino, lei italiana con due figli.

Sono bersagli facili, considerati “non italiani”, negretti, inferiori.

E vengono addittati dalla signora come i “Guzman” di Bologna.

Soprattutto uno, Yassin, ragazzo di 17 anni con un passato da calciatore giovanile, anche in nazionale, quella italiana, pensa te. Maggiorenne tra poco ma soprattutto padre tra poco.

Senza precedenti, senza processi in atto, non risulta nelle cronache giudiziarie mai.

(Qui il link della sua intervista della bravissima Cathy LaTorre: https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2020/01/22/salvini-togli-video-non-sono-uno-spacciatore_SC93KqIVuHOTeI8StXDKcO.html )

Alla signora hanno vandalizzato la macchina e gliene faranno altre.

Al ragazzo e la sua famiglia hanno vandalizzato la vita.

Tutto per fomentare l’odio.

Perché l’odio chiama sempre l’odio e porta anche tanti voti.

Ah, volete sapere chi è il terzo protagonista della vicenda?

Non è nessuno. È un pietoso, totale, cosmico, propagandistico nulla verdognolo.

A.G.

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