Giorno 534 di quarantena.
Le città deserte sono ormai territorio di caccia di mutaforma e sorci geneticamente modificati.
La gente, nei palazzi sigillati dall’esterno, si è ormai abituata alla nuova situazione e, dopo aver sterminato per sfinimento la vecchia famiglia, si è organizzata in branchi regolati da una rigida gerarchia piramidale dove il meno istruito, quello che si esprime a rutti, è al vertice.
Le trombe delle scale sono coperte da pitture rupestri disegnate con i resti carbonizzati dei falò sui tetti.
Ci si nutre di scatolame, insetti, muffe, animali domestici e piccole coltivazioni in vaso.
I gerani si fumano.
I pochissimi dottori rimasti sono stati fatti prigionieri e tenuti in schiavitù. Sono gli unici uomini di scienza ammessi nel nuovo mondo che è ora comandato da santoni improvvisati che millantano di parlare con gli angeli dell’apocalisse.
Degli arditi, aprendosi varchi nei portoni a picconate, escono in ronde per procacciare cibo, medicinali scaduti, CD, candele, alcolici, torce, DVD e cherosene per i generatori elettrici. Pochi fanno ritorno.
La natura cresce selvaggia tra strade, centri commerciali, negozi, macchine, furgoni, camion, caselli autostradali, ospedali.
Il Coronavirus è leggenda.
A.G.
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