Forse la clausura mi rende cinico e bastardo, ma ve lo devo dire.
L’inno di Mameli risuona ovunque, oggi c’era gente che applaudiva con la bandierina ai balconi. Perché? Cosa ci spinge a farlo? Nazionalismo? Empatia? Solidarietà?
Ma non diciamo cazzate, vi prego.
Se l’italiano fosse davvero nazionalista, empatico, solidale pagherebbe le tasse, non chiederebbe sistematicamente “quanto viene senza fattura?”, non parcheggerebbe sui posti degli handicappati, non odierebbe lo straniero, il terrone, il vicino di casa, le donne, il diverso, il ricco e il povero, l’istruito e lo stolto, il grasso e il brutto.
Se fossimo nazionalisti, solidali ed empatici non gioiremmo delle altrui disgrazie, delle altrui morti.
Non tenteremmo di fottere il prossimo ad ogni occasione.
Non offenderemmo chiunque ne sa evidentemente più di noi, non vomiteremmo livore, insulti e repressioni sul prossimo.
La realtà è che non lo facciamo per i motivi di cui sopra, ma lo facciamo per noi stessi, per esorcizzare la nostra paura più profonda, che poi altro non è il sapere di non sapere, la paura dell’ignoto, la paura di qualcosa che non capiamo.
Non è motivo sociale o politico o economico, ma asistemico e ancestrale.
Che va benissimo, ma evitiamo di prenderci in giro nascondendoci dietro a “l’Italia s’è desta”, l’orgoglio tricolore, i buoni sentimenti e un moralismo spiccio ad-hoc.
Perché in fondo non vediamo l’ora di poter tornare ad odiare, odiarci e a sfanculare tutto e tutti.
A.G.

Non è ora di fare polemica
Ma la domanda che io mi pongo: siamo sicuri che tutto finirà è tutto tornerà come prima?
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