Finito il 25
aprile torniamo a occuparci di attualità e dei nostri nuovi mostri.
Bonny e Clyde
hanno martellato per un po’ con lo “scandalo” della regolarizzazione dei
migranti.
La solita bieca
propaganda sovranista che serve solo a spettacolarizzare, porre altri
mattoncini d’odio su un muro già alto e, come sempre, a disinformare le
analfaiene.
La
regolarizzazione dei migranti è stata proposta per due motivi che mi paiono
validi.
Economico il
primo, infatti si rivolge soprattutto a quei braccianti (migliaia) che lavorano
nei campi in condizione di schiavitù totale: “Il contratto agricolo prevede al
massimo 6 ore e mezza al giorno, ma nei campi si rimane il doppio. Il salario è
una miseria, gli straordinari non esistono e si lavora anche 30 giorni al mese,
senza riposi” spiega Soumahoro, dirigente sindacale della USB, impegnato
nella lotta per i diritti dei braccianti, che però hanno un ruolo fondamentale
in quella che è chiamata la filiera alimentare, vanto italiano e fonte di
redditto per milioni di persone.
E sociale. questi braccianti infatti, e sono davvero centinaia di migliaia, non hanno diritti, non hanno documenti, non hanno tutele, non hanno contratti, case, stipendi decenti, nulla. Le donne sono spesso abusate quando non stuprate, gli uomini sono fantasmi vessati e sfruttati e, se muoiono, sono fatti sparire.
Al sud
soprattutto, ma non solo, questa situazione è una vera piaga sociale e se ne
parla ora perché non raccolgono più le vostre arance, le vostre verdure, la
frutta “made in Italy” bio-organic-impattozero-kmzero che tanto fa figo.
Ma c’è di più.
Moltissimi, quasi tutti per la verità, vivono in veri e proprio “slum”, favelas,
baraccopoli che sorgono nel nulla della Sila, nella piana di Gioia Tauro, nelle
campagne del foggiano, nei dintorni di Gela.
Molti sono rimasti
senza un tetto dopo lo sgombero della baraccopoli voluto dall’ex ministro
dell’Interno Matteo Salvini e ora vivono in ruderi, con una buca per gabinetto,
senza acqua, senza elettricità, con solo una bicicletta per andare nei campi a
lavorare.
Ma ora non ci
vanno perché se la polizia li ferma a causa dei numerosi controlli per il Covid
sono guai. Per loro, ma anche per noi perché i bravi, italianissimi,
proprietari terrieri, non sanno come raccogliere i loro prodotti.
Usare i RdC come
paventato da qualcuno, servirebbe solo in minima, minimissima parte perché non
sono abbastanza e comunque nessun italiano accetterebbe quelle condizioni e
quel lavoro.
Per questo il
problema va oltre lo slogan del cazzo della Donnamadrecristiana e dello Sparamadonne
sull’immigrazione e i migranti, senza affrontare davvero il problema profondo
che c’è dietro. È uno slogan, appunto.
E come slogan
serve solo a mettere un mattoncino in più nel muro d’odio delle analfaiene che,
attratte dal sangue, mangiano carcasse senza curarsi della provenienza.
A.G.