Il Libano è fondamentalmente uno stato in punto di morte, se così possiamo dire.
Rimandiamo ad altri editori per articoli approfonditi e completi sulla sua situazione, qui ci limiteremo a farne una sintesi:
- Mancanza di produttività interna
- Riserve monetarie insufficienti
- Dipendenza totale dall’estero per qualsiasi servizio di base
- Impoverimento irreversibile della popolazione
- Svalutazione totale della moneta
- Disoccupazione alle stelle
- Mancanza dei mezzi di sostentamento
La situazione politica si configura nel seguente modo:
- Governo debole, ostaggio delle élite oligarchiche del paese, non investe in riforme necessarie per non indebolire il proprio potere
- Pesanti ingerenze dall’esterno che la condizionano su vari fronti (Iran, Arabia Saudita)
- Potere politico ripartito per linee settarie di carattere religioso e corruzione endemica
A questo si aggiunge la scheggia impazzita di Hezbollah, prima forza militare del paese e in grado di influenzarne la politica, oltre ai rapporti storicamente complessi e bellicosi con Israele.
Questo il contesto drammatico in cui un incidente di proporzioni inaudite, forse nato proprio dal degrado amministrativo e politico di cui sopra, ha devastato il principale porto dello stato (nonché accesso all’approvvigionamento dei beni necessari), distrutto importanti infrastrutture (tra cui la riserva nazionale di grano, ora ne hanno per poche settimane, poi sarà la fame), ucciso e ferito tantissime persone (gli ospedali hanno carenze di sangue e medicinali, oltre a energia elettrica solo alcune ore al giorno).
300.000 persone sono rimaste senza una casa.
Una tragedia umanitaria come poche e un paese che si sta dissolvendo nel nulla, rimanendo in balia, temo, di avidi sfruttatori in agguato, pronti a sfruttare l’occasione ghiotta di impadronirsi di una terra tanto strategica sotto molti punti di vista.
Ancora una volta in nome del nostro unico dio, quello davvero onnipotente: il denaro.
D.M.
