Tutti presi dalle vacanze a Covid e dai 600 euri, rischiate di perdervi le meraviglie del mondo.
La Bielorussa.
La Bielorussa è un grande paese ex-sovietico che ha Minsk per capitale.
A Minsk risiede ininterrottamente dal 1994 un personaggino di nome Aljaksandr Lukašėnka, noto da noi come Lukashenko.
Il padre-padrone bielorusso è, a ragione, chiamato l’ultimo dittatore d’Europa.
In Bielorussia, soprattutto nelle campagne, si vive come in URSS negli anni 50, fattorie collettive,
villaggi senza strade, si va a scuola sul carro ed esiste ancora la polizia segreta che si chiama, ah, quanti ricordi, KGB.
Non c’e disoccupazione ma salari ridicoli, da fame.
Nelle campagne gli alcolizzati non si contano, 5/6 figli casuali a famiglia, povertà estrema e diffusa.
E ovviamente le radiazioni post Chernobyl non esistono.
Eppure è amatissimo.
O, meglio, è amatissimo nelle campagne, nelle grandi città, tra i giovani e tra gli intellettuali un po’ meno.
E qui cominciano i cazzi.
La sua repressione è violenta, radicale e radicata.
Gli oppositori spariscono o vengono incarcerati.
E arriviamo a noi.
Svjatlana Cichanoŭskaja era la sfidante del nostro per queste elezioni. Moglie di un blogger incarcerato dal regime, madre di due figli fatti fuggire all’estero per paura di ritorsioni o peggio, ha sfidato il despota.
Ha perso ma la denuncia di brogli (Lukashenko ha preso l’80%…) ha scatenato proteste e rivolte sfociate nel sangue.
Mentre scrivo c’è un morto accertato ma non si sa praticamente nulla.
La Cichanoŭskaja è dovuta scappare a Vilnius, Lituania, come rifugiata politica, dopo uno strano video messaggio dove, occhi bassi, diceva di non protestare e di accettare la sconfitta.
Che è strano visto che lei stessa ha presentato ricorso mentre arrestavano tutti membri dello staff.
La Bielorussa è alle porte d’Europa e Lukashenko somiglia tantissimo a molti politici che stanno prendendo voti e consensi nel mondo occidentale.
Le sorti di quelle genti ci devono interessare, non fosse altro per capire cosa rischiamo coi sovranisti nostrani.
A.G.
