Lesbo

Isola di Lesbo, patria di Saffo, dell’amore tra donne, di miti e leggende.

Un gioiello di cultura millenaria e acque color zaffiro.

Ora degradata a campo profughi d’Europa. 

Vi è infatti il più grande accampamento di rifugiati del vecchio continente dove vivono, o meglio, sopravvivono, migliaia e migliaia (14mila secondo gli ultimi dati in un campo per 3mila persone) di ultimi scampati e scappati da guerre e persecuzioni e carestie del vicino medioriente.

Bambini pugnalati a morte o “accidentalmente” investiti da camionette mentre giocano, tristemente noto come “l’inferno nell’inferno” o come “il più grande fallimento d’Europa”.

Campo che ha visto due incendi devastanti negli ultimi mesi, l’ultimo che ha praticamente raso al suolo le povere baracche e costretto la gente a fuggire da questo lager, guardati a vista da militari armati.

Campo nato per (dis)accordi tra quella merda di Erdogan e un Europa inumana.

È qui che questa madre fugge dal nulla, trainando il suo niente e il suo bambino per trovare un riparo che molto probabilmente non ci sarà.

È qui che l’umanità ha fallito.

È qui che l’uomo fa paura, schifo e ribrezzo.

È qui che, tra i porti chiusi e i padroni a casa nostra, mi sale un odio profondo, un odio che mi fa male e che dovrebbe fare male a tutti.

Lo scriveva Saffo millenni fa:

lì dove il mio cuore polveroso martella…

Se soffiassi nel mio cuore…

vicino al mare…

suonerebbe con un rumore scuro…

come acque vacillanti…

come l’autunno in foglie come sangue…

con un rumore di fiamme umide che bruciano il cielo…..

suonando come sogni…

o rami….

o piogge…

o sirene di un porto triste…

Lesbo.

A.G.

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