Due casi in due giorni.
Due tragedie in poche ore.
Carpiano (Milano), uccide la moglie e la figlia di 15 anni poi si suicida.
E poi nel catanese dove un uomo ha sparato alla ex sul corso e si è impiccato in un casolare.
Non mi interessa minimamente la cronaca nera, la curiosa morbosità che sempre avvolge queste notizie, resto però sempre turbato dal male che si riesce a fare a chi si ama o a chi si è amato.
Disperazione, tare mentali, gelosia, disagio sociale o psichico, debolezza, insicurezza , paura, tanti e profondi sono i motivi che possono portare a gesti estremi, i più estremi.
Quasi tutti però hanno un comune denominatore, l’uomo che non accetta una situazione, interna o esterna, e, decidendo di terminare la sua esistenza, porta con sé persone che reputa una proprietà privata, come fossero oggetti.
Questo va ad aggiungersi ai disagi di cui sopra ed è una piaga sociale, un retaggio culturale che vede l’uomo apicale nella società/famiglia e sostanzialmente padrone di essa.
La genesi dice che la donna fu l’ultimo essere creato da Dio e non fu creata dal nulla, come tutte le altre creature, ma fu creata da una costola di Adamo.
Ancora la Bibbia, dagli Efesini: Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti come al Signore, poiché il marito è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, ed egli stesso è Salvatore del corpo.
È radicato nella nostra società fallocattolica il ruolo dell’uomo come padrone, dominatore, proprietario, despota, che decide della vira e della morte di ciò che gli è stato detto essere suo, da sempre.
E ancora oggi questa visione non solo non è sparita, non solo la si combatte in modo blando e solo da alcuni, ma è accettata e vista come normale e giusta.
E finché sarà così, al netto di tare mentali, avremo sempre uomini che uccidono le donne.
A.G.