Parole, parole, parole

Ormai sono due settimane di quarantena vera, almeno per noi ciuccia nebbia lombardi.

Le giornate si susseguono molto simili, tra bollettini di morti e curve di contagio, tra appelli di varia natura al buon senso collettivo, con le solite voci cretine fuori dal coro, stupidi in cerca di visibilità, in tempi in cui la pandemia disintegra il protagonismo di cui alcuni non possono fare a meno.

Continuano i ringraziamenti commossi a medici, infermieri, operatori sanitari, che rischiano quotidianamente la propria incolumità in nome del bene comune.

Continuano le testimonianze “dal fronte”, a volte confortano e danno speranza, altre servono a dare la misura della realtà che sta capitando.

Sullo sfondo circolano le solite fake news, messe in giro da sciacalli senza scrupoli, che ritengono di dover trarre vantaggio anche da simili situazioni.

Giusto stamattina vedevo fermento sui 25 miliardi di euro stanziati dal governo nel decreto “Cura Italia”: in tanti si lamentano, sostengono siano spiccioli, addirittura citano, a confronto, numeri di paesi europei che avrebbero stanziato cifre incommensurabili, confrontando dati non comparabili per definizione.

La solita merda nel ventilatore: chi non capiva, nè sapeva un cazzo prima del virus, non sa e non capisce un cazzo ugualmente ora, benchè il tempo per studiare accuratamente non manchi, dovendo stare chiusi in casa.

Peccato che il tempo non basti, peccato serva anche impegno, per conoscere e comprendere.

Intanto il nuovo target dell’odio comune (il passatempo supremo anche in questi tempi di uggia) sono diventati “quelli che non rispettano la quarantena”, poco importa se siano gente che è costretta ad andare a lavorare da industriali che hanno la forza di costringerli fuori dalla quarantena, o se lavorano in strutture che garantiscono i servizi indispensabili a non farvi ammattire in casa (credete che Sky vada avanti in automatico?).

Però non ho mai sentito di nessuno che abbia preso per l’orecchio il dirimpettaio ottantenne che tutti i giorni esce per comprare il quotidiano, tre michette e un etto di cotto.

Mentre gli sportivoni bisticciano, offesissimi, se i loro amici li implorano sui social di smettere di uscire per la corsetta lungo il Naviglio.

Ovviamente nessuno parla mai dei poveri disgraziati, vittime dei caporalati, che continuano a raccogliere pomodori a due schiaffi l’ora, perchè possano essere trasportati dai padroncini della logistica lungo lo stivale e consegnati sulla porta di casa da fattorini in mascherina, a voi che avete comodamente acquistato dal salotto, online, tra una serie tv che glorifica i camorristi e un inno di Mameli alla finestra.

Per amor del vero, si sta già facendo molto, conosco un sacco di coglioni che stanno a casa, contro ogni pronostico di sfiducia nei loro confronti, me ne compiaccio e me ne rallegro, forse c’è ancora qualche barlume di speranza.

Per questo sono solo due le cose che dovete fare: #restateacasa e #restateinsilenzio.

Che poi fondamentalmente vi si chiede di fare ciò per cui il mondo ci riconosce maestri: non fare niente.

D.M.

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