Questa mattina mi son svegliato.
É una giornata di festa, ma per via della quarantena sembra un giorno come tutti gli altri, da un paio di mesi a questa parte.
Sempre per via della quarantena, non mi sono svegliato con quell’euforico senso di appartenenza che condivido con tutti coloro che non mancano mai l’appuntamento annuale che ricorre quest’oggi.
Questo perchè, sempre per via della quarantena, non si svolgerà il sontuoso corteo del 25 aprile.
Da trent’anni, se mi trovo a Milano, non esiste alternativa al recarsi verso le ore 15 al concentramento in Porta Venezia, per poi sfilare orgogliosamente, tra canti vintage e carri con musica a tutto volume.
Per incontrare sempre le solite faccie, quelle che da una vita vedo ai cortei, salutarsi e riconoscersi in tutte quelle idee e quei valori che si porta dietro la nostra presenza lì, così, questo giorno ogni anno, con il sole o con la pioggia battente.
Oggi no, non potremo onorare questa meravigliosa tradizione di pace e di buon senso comune.
E non sarà oggi che ci libereremo da questo nuovo nemico invisibile e terribile, che miete morti come quella guerra che finì oggi settantacinque anni fa.
Ma quella che stiamo vivendo ora è una guerra tutta al contrario, dove si vince se non si fa nulla e a morire ci vanno gli anziani, invece dei giovani.
Dove non servono a nulla tutte le armi del mondo e sul campo si ottengono risultati con la cura, anzichè con l’odio.
Ma dove serve, ora più che mai, quella capacità di distinguere i comportamenti giusti da quelli sbagliati che animò il coraggio di tantissimi, ormai tre quarti di secolo fa.
Canticchiamo i canti partigiani a labbra socchiuse, mormorando testi di emancipazione, pensando a quella libertà che fu conquistata e che oggi, che ci è parzialmente preclusa, dovremmo avere la saggezza di assaporare e comprendere nella sua vera essenza.
Sempre pronti a difenderne l’integrità opponendoci ai fascismi, ai sovranismi, ai populismi.
Ora e sempre resistenza!
D.M.